Artigianato Sardo e Artigianato Artistico della Sardegna - Esedra Sardegna, gite e vendita artigianato sardo

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Artigianato Sardo e Artigianato Artistico della Sardegna

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L'I.S.O.L.A. è l'ente creato dalla Regione Sarda per promuovere ed attuare iniziative volte al potenziamento ed allo sviluppo tecnico, artistico e commerciale dell'artigianato sardo. Un attento lavoro di studio ha permesso all'I.S.O.L.A. di consentire che venissero tramandate le tradizionali tecniche di produzione degli oggetti. Oggi come ieri, gli oggetti selezionati dall'I.S.O.L.A. vengono creati con le stesse tecniche in uso secoli fa. La stessa attenzione viene posta nella salvaguardia dei simboli e delle forme della tradizione, che viene rispettata anche nei disegni che ornano tutti gli oggetti prodotti per l'I.S.O.L.A.. Ma, a riprova di quanto in Sardegna la tradizione artigianale sia una tradizione viva, l'I.S.O.L.A. seleziona anche oggetti che innovano e sviluppano i prodotti e le tecniche tradizionali in una direzione più moderna. L'artigianato si trasforma così in design, creando manufatti di straordinaria modernità. Per tutelare la produzione degli artigiani esiste la legge regionale n. 14 del 1984 che ha istituito il marchio di origine e qualità dei prodotti dell'artigianato tipico della Sardegna. Tale legge è, al momento, non operativa in quanto non è ancora stato ricostituito il Comitato per l'attribuzione del marchio.

Gioielli di Sardegna
ORIGINE E TRADIZIONE Il gioiello sardo è un prodotto tipico in cui si può individuare uno stile etnico, segno della cultura profonda dell'intero popolo della Sardegna. I gioielli sardi sono strettamente legati al costume tradizionale regionale, poiché nelle loro molteplici espressioni integrano il costume, completandolo nei suoi elementi decorativi. Nel passato i gioielli avevano molti significati e le donne sarde li conservavano e tramandavano di generazione in generazione come oggetti sacri e preziosi. Per ritrovare il significato più segreto dei gioielli sardi (prendas) bisogna risalire alle origini del mito che racconta di fate che, nelle loro case incantate (Domus de Janas), tessevano fili d'oro e d'argento che diventavano stoffe ricamate con pietre preziose. Nei tempi antichi il gioiello aveva infatti la funzione di medium tra l'uomo e gli dei, per invocarne la grazia o per esorcizzare le forze del male; una pietra nera (ossidiana) all'interno di un cerchietto d'argento (Sabeggia) serviva a sottrarre il nuovo nato alle insidie del malocchio; un corredo di oggetti preziosi affiancato al defunto garantiva la custodia del corpo e la rinascita alla vita; uno scambio di doni sanciva infine la promessa di matrimonio, in cui il gioiello era simbolo dell'alleanza e del vincolo. Tra tutta la produzione sarda, l'oreficeria è forse quella che ha subito di più le influenze delle altre popolazioni mediterranee. La produzione orafa degli ultimi secoli non ha un'unità stilistica e varia da provincia a provincia; essa si è servita di elementi eclettici per comporre oggetti particolari. Le influenze provenienti dall’esterno (soprattutto di origine toscana e catalana), le contaminazioni e i sincretismi sono facilmente riscontrabili e giustificabili, dato che la richiesta dei prodotti di oreficeria nasceva soprattutto dai ceti egemoni e dai ceti religiosi, questi ultimi per oggetti di culto. Ciononostante, sono riconoscibili, per lo più nei manufatti destinati ai ceti popolari, i tratti di una vecchia tradizione formale locale, tipica, in certa misura, del sud dell'isola. I centri di lavorazione tradizionalmente più importanti furono Cagliari, Iglesias e Sassari, da dove poi la produzione si diffuse in centri minori. MANUFATTI TIPICI I manufatti tipici della produzione orafa artigianale e tradizionale sono molteplici. Bottoni, gemelli, collane e pendenti, catene, gancere, spille, anelli, orecchini, amuleti ed oggetti sacri si ritrovano tutti nei costumi tradizionali folcloristici che si possono ammirare ogni anno nell'ambito della maggiore sagra popolare della Sardegna, la sagra di Sant'Efisio a Cagliari, e delle altre celebrazioni popolari e religiose, meno importanti, ma non meno caratteristiche. SPILLE Le spille sono usate nella quasi totalità dei costumi femminili isolani. Sono sostanzialmente di due tipi: una viene fissata sul capo per fermare lo scialle o il velo; l'altra serve alla perfetta chiusura della camicia sul petto. La spilla da portare sul capo è molto semplice, tanto che spesso si riduce ad un lungo spillo con una capocchia più o meno lavorata in filigrana o realizzata con una sferetta di corallo o madreperla. I modelli e le forme di questi monili variano da paese a paese. La spilla da portare sul petto è invece più elaborata. Molto particolari sono le spille a forma di girasole (es. spilla di Sinnai). Queste sono molto vistose e recano incastonato al centro un grosso rubino o cammeo. COLLANE Fra i tipi di collana che fanno parte dell'abbigliamento tradizionale sardo spicca su giunchigliu (lunga catena in oro a maglie circolari da indossare con diversi giri al collo) e su ghettau dove le maglie sono trasformate in grossi vaghi sferici rifiniti con granulazione e filigrana. Nel costume dei paesi del circondario di Cagliari, i gioielli sono sempre più numerosi e più grandi rispetto alle altre zone della Sardegna. Si rileva un'abbondante presenza di catene d'oro, pendenti ed altri monili, a volte talmente numerosi da ricoprire l'intero petto. L'uso di collane è invece meno comune nelle zone interne. Un tipo particolare di gioiello è un pendente lavorato in piastra d'oro, ritagliata, traforata ed arricchita con pietre preziose (cammei, rubini, etc.) da portare al collo con una fascetta di velluto scuro. A Iglesias, dove l'arte orafa ha antiche radici e dove ancora oggi è fiorente la lavorazione dei metalli preziosi, questo tipo di gioiello ha diverse varianti. La piastra d'oro, oltre che a forma di farfalla, a volte è a fiocco e può essere impreziosita con minuscole perline. Può anche essere traforata con aggiunta di filigrana. ANELLI In passato era consentito portare l'anello solo alle donne maritate o fidanzate come simbolo esteriore del patto di fede o del vincolo matrimoniale. L'abbigliamento festivo consentiva solitamente tre anelli. Un anello che presenta caratteristiche particolari è il maninfide (mani strette in atto di fede), l'anello di fidanzamento che ha incise due mani che si stringono e che suggellano il patto d'amore. Il maninfide ha figurazioni e forme diverse da zona a zona. Era tradizione che il fidanzato lo donasse alla futura sposa, ricevendo in cambio un coltello finemente lavorato con manico in corno o osso inciso ed arricchito da borchie e festoni di ottone. ORECCHINI Fra tutti i gioielli sardi, gli orecchini sono senza dubbio gli oggetti preziosi più usati a livello popolare. Le forme, i materiali e i sistemi di lavorazione sono i più vari. L'orecchino sardo è solitamente costituito da un pezzo di corallo lavorato a goccia fasciato da un cerchietto in oro, al quale è fissato lo spillo da inserire nel lobo. Una variante è costituita dagli orecchini contenenti cammei di corallo raffiguranti un viso. Particolarmente ricchi ed elaborati sono gli orecchini che accompagnano l'abito festivo. Fra questi ricordiamo l'orecchino a fiocco (con pendente e pietre preziose incastonate) e l'orecchino a palia (in lamina d'oro generalmente a forma di farfalla). Singolare è poi l'orecchino a torre, formato da due tronchi di cono o piramide in lamina d'oro uniti per la base e contornati da filo sottilissimo arricchito con granuli; in cima alla torre o pendente si trova generalmente la figura di un uccello, di un pavone o di un galletto. Altra forma tradizionale, di origine fenicio -punica, è quella dell'orecchino a mezzaluna: si tratta di un cerchio in oro da infilare nel lobo dell'orecchio che, nella parte terminale, reca una doppia lamina a forma di luna con al centro ancora una figura di uccello. Ricordiamo infine l'orecchino a grappolo d'uva: delle perline di corallo e d'oro forate sono unite tra loro in modo da rassomigliare ad un grappolo d'uva o ad una mora. Fra tutti i tipi di orecchini diffusi in Sardegna, questo tipo, di derivazione bizantina, è il più prezioso in quanto di più difficile esecuzione: al centro dei cerchietti vengono saldate due foglioline di vite in lamina sagomate con al centro un filamento pendente; a quest’ultimo sono poi uniti dei piccolissimi spezzoni dove verranno infilate le perline per formare la figura del grappolo. BOTTONI Il bottone, di probabile derivazione punica (in particolare quello di forma mammellare), è l'elemento più comune nei diversi costumi isolani. I gemelli e i bottoni, generalmente in coppia, ornano il collo e i polsi della camicia e il corsetto dei costumi, sia maschili che femminili. Pur variando da luogo a luogo, i bottoni hanno sempre forma circolare e ricordano una pigna, una mammella o una melagrana; sono sormontati da un cilindretto in metallo prezioso nel quale è incastonato un turchese o altra pietra semipreziosa. CATENE GANCI e GANCERE Le catene, le gancere e i ganci sono altri elementi utili del costume tradizionale. Assumono elaborate forme e servono sostanzialmente per chiudere la gonna, allacciare il grembiule, reggere un copricapo o allacciare un corpetto. Nei ganci e nelle gancere la forma predominante è quella a cuore, anche se ce ne sono alcune rappresentanti animali (uccelli, leoni e cavalli). All'interno della forma a cuore sono poi presenti altre decorazioni (uccelli, fiori, angioletti, spirali, il sole, la luna, le stelle, etc.). Il sistema di lavorazione è la fusione con l'osso di seppia, cui segue la finitura a martello e lima. Anche le catene hanno varie forme e svariati motivi decorativi legati all'uso, generalmente di tipo pratico. Tutte le catene in argento sono sempre provviste, all'estremità, dei relativi ganci per l'attacco ai lembi superiori del grembiule, del copricapo o del busto/corpetto. Un tipo particolare di catena è quello usato in alcuni paesi del Campidano di Cagliari in occasione del matrimonio (Matrimonio Selargino): si tratta di una vera e propria catena a grosse maglie d'argento circolari, lunga circa un metro; le due estremità recano da un lato un gancio a forma di cuore (che lo sposo aggancia alla vita della sposa) e dall'altro un anello (che la sposa infila al dito dello sposo). AMULETI e TALISMANI Questi particolari oggetti sono entrati a far parte del costume tradizionale e ritrovano la loro origine nelle leggende di cui si nutre la fantasia popolare allo scopo di giustificare e spiegare i fenomeni malefici della natura. Amuleti dispensatori di salute e infallibili contro la jettatura e il malocchio; ve ne sono di svariate forme e per tutti gli usi. Spesso si tratta di ampolle, boccette e altri contenitori di liquidi rivestiti di filamenti d'argento. I talismani erano ampiamente utilizzati fino alla metà di questo secolo. Dato il loro notevole valore estetico, attualmente vengono riprodotti al solo scopo di ricavarne veri e propri gioielli, perdendo così il loro significato originario. Fra i diversi oggetti di questo genere ricordiamo la pietra nera, sferica e lucida chiamata "ossidiana", forata al centro ed inserita in un supporto d'argento generalmente a forma di ciondolo. Alla sommità di questo vi è poi un elemento d'argento a forma di fiocco o di fiori. A seconda delle forme e delle dimensioni, questo amuleto veniva appuntato sui vestiti del neonato o sulla culla al fine di proteggerlo. Un altro amuleto molto comune contro il malocchio è l'opercolo della conchiglia (chiamato comunemente Occhio di Santa Lucia), incastonato in fascette d'argento elaborate con spirali di filigrana. Qualunque oggetto o materiale inconsueto trovato o scoperto in determinate condizioni diventava nel passato uno strumento contro la malasorte. Ricordiamo per esempio rametti di corallo, pezzi di stoffa appartenenti a vesti di Santi, cocci di vetro, conchiglie e denti di animali. Particolarmente interessanti sono sos chiririos, l'insieme di tanti oggetti del genere uniti in un'unica catena d'argento secondo una complessa disposizione e con un originale effetto compositivo. Vi sono poi sos breves, bellissime teche e astucci d'argento entro i quali venivano inserite tante immagini, preghiere, parole magiche e frammenti di varia provenienza, che venivano spillati sui vestiti. Hanno forma tondeggiante o ovale, sono realizzati in lamina d'argento e rifiniti in filigrana.


Metalli
La lavorazione dei metalli non preziosi, presente in Sardegna sin dai tempi della civiltà nuragica, si spiega grazie alle straordinarie ricchezze metallifere presenti nel sottosuolo. Tradizionalmente il ferraio, oltre ad effettuare la ferratura degli animali da tiro, fabbricava anche altri oggetti quali catenacci, fantasiose copriserrature, maniglie a placca traforata, battenti di porta, schidioni ed altri oggetti per il caminetto. Oggetti di particolare fama e tipicità sono i campanacci per le bestie, fatti di lamiera di ferro ottonato a caldo. Il fabbro era spesso anche armaiolo, fabbricava particolari coltelli a serramanico ed armi da caccia decorate con finissimo gusto lavorativo. Eredi di questa antica tradizione, oggi gli artigiani ferrai producono oggetti di buon livello artistico come attrezzature tradizionali, bronzetti, carpenteria metallica artistica, oggetti d'arredamento e di rame, oltre ai ricercatissimi coltelli. COLTELLERIA E' una produzione raffinata che va dalle leppas e resolzas tradizionali (classici coltelli a serramanico di pastori e contadini), ai coltelli da collezione che, prescindendo dal valore materiale, sono simbolo di balentia (qualità positive e affermazione morale). I coltelli, frutto di un'antica perizia, sono manufatti che richiedono una particolare attenzione sia per la tempera delle lame che per la preparazione dei manici , fatti di corno (di muflone, bufalo o capro). Il corno più ricercato è quello completamento nero, senza venature. Il manico può essere liscio o lavorato accuratamente con riporti in ottone (o rame) decorato e festonato. Alcuni centri sono rimasti famosi per i loro coltelli che hanno assunto denominazioni e caratteristiche distintive. Si tratta di Guspini (coltello a lama panciuta detto sa guspinesa), Arbus (coltello a serramanico detto s'arburesa), Gonnosfanadiga (coltello a lama panciuta, alla turca con corno scuro a doppio anello bulinato), Santulussurgiu (coltello lussurgese detto sa lussulzesa) , Dorgali, Desulo, Gavoi e naturalmente Pattada (coltello con lama a foglia detto sa pattadese) nota come patria dei coltelli a serramanico e sede di un centro pilota I.S.O.L.A.. FERRO BATTUTO L'artigianato sardo del ferro battuto ha una lunga e nobile storia visto che questa attività ha raggiunto splendide espressioni artistiche ed ha avuto modo di manifestare un certo gusto estetico. Visitando certe chiesette campestri o antiche case nobiliari, nei giardini e negli interni possiamo ammirare cancellate, ringhiere e grate, balaustre ed inferriate con complicati e baroccheggianti ghirigori. L'antica tradizione del ferro battuto è rimasta fiorente soprattutto a Cagliari e Sassari, ma anche in qualche altro piccolo centro del l'isola. OGGETTI IN RAME Si tratta di una produzione tradizionale tipica di Isili, piccolo centro del Sarcidano. La produzione calderaia si spiega grazie alla lontananza del paese dalle principali vie di comunicazione ed alla vicinanza alla miniera di rame di Funtana Raminosa, conosciuta sin dall'antichità. I calderai di Isili sono incontestati maestri specialisti nella lavorazione del rame e la loro storia è pervasa da un certo mistero. Si dice che siano discendenti di popoli zingareschi o ebrei, anticamente installatisi nella zona. Tali dicerie sarebbero confermate dall'utilizzo del curioso gergo detto su romaniscu e dai loro tratti somatici che li fanno sembrare più nordici che sardi. La tipologia delle produzioni comprende grandi caldaie per la lavorazione dei latticini, caldaie più piccole, padelle con un solo lungo manico o due manici ad anello, mestoli, etc.. Il colore del rame battuto, unito alle forme semplici ma originali, conferisce pregio a questi manufatti, ancora molto richiesti soprattutto a scopo ornamentale. Le poche botteghe rimaste sono tutte a tradizione familiare e vi operano artigiani generalmente imparentati tra loro. In questi ultimi anni anche 1'artigianato del rame ha attraversato momenti di crisi, ma i calderai hanno saputo reagire con efficienti iniziative, proponendo la loro produzione tradizionale come motivo di riscoperta culturale e come elemento di arredo originale, ampliando la varietà dei pezzi e sviluppando gli oggetti artistici. La lavorazione segue delle fasi rigidamente prefissate: la fase del fuoco, quella della misurazione e quella della prima piegatura a caldo. Si procede poi alla tracciatura dello spigolo del fondo del recipiente, al taglio dell'orlo con le cesoie e alla battitura col martello cilindrico per la prima sagomatura. Proseguendo, si abbassa il bordo con le tenaglie e lo si predispone alla cerchiatura con un anello di ferro. Il manufatto viene poi posto nell'acido, lavato e levigato per conferirgli il colore e la lucidità caratteristici. Alla fine si giunge alla decorazione col martelletto a penna, all'inserimento di borchie e alla raschiatura. OGGETTI IN BRONZO La lavorazione del bronzo, diffusa sin dai tempi della civiltà nuragica, tendeva nel passato a realizzare manufatti di uso quotidiano, utensili da lavoro, armi e soprattutto sculture artistiche. In tempi recenti, dopo un periodo di crisi, il bronzo è stato ripreso per la realizzazione di statuine di soggetto nuragico (i cosiddetti bronzetti): capi tribù, matriarche, popolani, navicelle votive, animali, etc.. Il recupero di questi modelli, che ha riscosso grande successo tra i turisti, è merito dello scultore Franco D'Aspro che ha saputo cogliere i valori degli antichi bronzetti nuragici riproducendoli fedelmente con perfetta aderenza ai significati originari. Per renderli più suggestivi si è ricorso ad una particolare tecnica di invecchiamento del bronzo. Attualmente sono in funzione numerose fonderie artigiane che lavorano usando come matrici la cera ed il legno ed utilizzando metodi e tecniche antichi e nuovi.


Tessuti
La Tessitura La tessitura ha fatto parte nei secoli del bagaglio di attività conoscenze di ogni famiglia sarda: è presumibile che gran parte delle case avesse il proprio telaio per la produzione di una serie di oggetti utili alla vita di ogni giorno e allo scambio in natura. In Sardegna la tessitura si conserva, nelle sue forme più tradizionali e cariche di significato, in circa una quarantina di paesi. Ogni paese ha la propria tradizione con delle modalit?i tessitura e di decorazione particolari. Il tessuto ?ome una tela di un quadro su cui l'artigiana sprigiona la sua creatività la sua fantasia. L'avvento di forme moderne di lavoro e la standardizzazione dei modi di produzione ha finito per conferire pregio a questi preziosi manufatti, testimonianza della tradizione locale. Oggi vi sono piccole comunità dell'interno che devono la loro notorietà il successo che hanno riscosso, in Italia e all'estero, i tipici tappeti e gli arazzi creati dalle abili mani delle tessitrici locali. Manufatti Tipici I manufatti tessili tipici sono principalmente: il tappeto, l'arazzo, la striscia e la bisaccia. La funzione principale del manufatto tessile era originariamente quella di copricassa, decorazione dell'austera cassapanca depositaria della dote della sposa e del piccolo tesoro domestico. Questa antica funzione ne spiega la struttura, costituita generalmente da una sezione con figure o disegni geometrici e due falde laterali che servivano da ornamento. Partendo dal copricassa, si passa poi per fasi successive all'utilizzo dei manufatti come coperte, arazzi e tappeti. Altri manufatti tessili erano la bisaccia (portata da tutti gli uomini sulla spalla o a cavallo) e i ricchi collari per la bardatura a festa dei cavalli e dei buoi. La produzione tessile attuale si è arricchita di diversi altri pezzi per l'arredamento: tende, stoffe, cuscini e tovagliati, nella cui decorazione si può intravedere una lenta e moderna evoluzione, pur in presenza di una costante ispirazione a elementi figurativi del repertorio classico tradizionale. Si tende cioè a conservare la tradizione nell'ambito dell'innovazione. Elementi Decorativi La straordinaria varietà degli elementi decorativi è in parte originata da motivi della vita rurale quotidiana e in parte da una serie di apporti culturali di civiltà diverse, giunti in Sardegna a seguito delle numerose dominazioni ed alla circolazione delle conoscenze all'interno del bacino mediterraneo. Il repertorio decorativo presenta motivi che si intrecciano in tutte le subregioni dell'isola. E' stato calcolato che i motivi e i simboli ricorrenti dell'arte popolare sarda della tessitura siano più di 100: quasi 100 motivi simbolo e più di 20 mustras diverse (elementi decorativi centrali), ognuna col suo nome, con la sua storia, con la sua capacità evocativa e con il suo cifrato messaggio magico. Ornato e mustras rendono il manufatto tessile un prodotto originale, un pezzo unico. I vari tipi di decorazione che coesistono nelle diverse aree possono suddividersi in quattro grandi gruppi: il primo comprende i motivi geometrici; il secondo presenta motivi vegetali: prevalgono fiori fantasiosamente stilizzati che formano figure concluse con l'esagono e l'ottagono ma mai schematicamente rigide. I motivi floreali stessi concorrono a formare le figure che racchiudono il fiore prescelto da inserire al centro della composizione. Quando vengono rappresentati vasi fioriti, questi contengono in genere sette rami con fiori e boccioli. Il tema della vite è forse quello trattato più listicamente, nonostante la difficoltà di esprimere la flessibilità dei tralci. Un motivo frequente è quello del ramo di corallo, raro e prezioso monile. Altri motivi sono la prugna, il melograno, la ghianda, l'uva, l'olivo, il pino, etc.; il terzo gruppo comprende immagini del mondo animale (con agnelli, cervi, cavalli, galli, pavoni, etc., tipici della tradizione bizantina o colombe della tradizione cristiana) e umano (gli sposi a cavallo, il cavaliere con la spada e la donzella con i cosiddetti vescovi, geni e putti alati); il quarto gruppo di carattere compositivo comprende invece simboli araldici ed emblematici come l'aquila bicipite, torri, castelli, chiese, ostensori, candelieri, fontane, leoni, grifoni, figure mitologiche di notevole fantasia e astri (sole, luna, stelle). Non mancano i simboli magici. Materie e Tecniche Sono abbastanza limitate. I tipi di telaio sono tre: orizzontale (il più diffuso); obliquo; verticale (presente in pochissimi centri). I materiali sono: la lana; il cotone; il lino; la seta (saltuariamente utilizzata). Le tecniche d'esecuzione sono: Tessitura liscia o "a stuoia" (la più tipica ed essenziale): si lavora su telaio verticale sul quale si ottiene un tessuto uniforme e privo di rilievi. Il motivo decorativo è scandito dall'alternarsi dei colori del filato utilizzato e il prodotto finito risulta molto compatto e resistente; Tecnica a grani o "a pibiones" (diffusa nella vasta area centro-orientale): si realizza attorcigliando il filato sul ferro, disposto orizzontalmente sul telaio, che poi viene sfilato in modo da ottenere un effetto a rilievo (grani). I grani sono fermati dalle passate di trama ed assestati con una o più ptute di cassa; Tecnica a punto o "a punt'e agu": si utilizza per realizzare con il telaio orizzontale una decorazione sul tessuto, una sorta di ricamo molto compatto che viene tessuto contemporaneamente alla tela del fondo e poi battuto con la cassa per assestarlo alla trama; Tecnica ad effetto trama "a un'in dente": l'ordito di fondo viene ricoperto completamente dalle passate di trama, abbracciando uno o più dell'ordito a seconda dell'effetto decorativo che s'intende realizzare; Tecnica "a fiocco o a nodo": ottenuta sul telaio obliquo alternando lungo l'ordito una serie orizzontale di nodi che, assicurati ad uno o più, vengono annodati. I Colori
Il colore era un tempo ottenuto attingendo dalle risorse cromatiche del mondo vegetale, animale e delle terre paesane. Oggi si può perdere dei vantaggi della moderna tecnologia delle tinture per ampliare la gamma dei colori e per garantire la durata del colore nel tempo. Generalmente per gamma cromatica tende a mantenersi all'interno della scala degli antichi colori fatti a mano dalla stessa tessitrice.


Legno di Sardegna
MANUFATTI TIPICI La semplicità di una società agro-pastorale come quella sarda si rifletteva un tempo anche nell'arredamento della casa, limitato a pochi ma essenziali mobili: il letto, la culla, le sedie e gli sgabelli, il tavolo e la piattaia, dove trovavano posto le varie stoviglie di uso quotidiano. Erano tutti arredi molto modesti, come conveniva alla povertà nell'ambiente tradizionale. L'unica eccezione era la cassapanca, finemente intagliata, che da sempre ha occupato un posto essenziale nella casa, racchiudendo il corredo della sposa e tutta la ricchezza della famiglia. Alla produzione degli arredi si affiancava quella di oggetti di utilizzo comune come cucchiai, taglieri, stampi per il pane, giocattoli, vasi, ciotole, pipe in radica sarda e tutta una vasta gamma di oggettistica in legno, spesso di fattura elegante e raffinata, che oggi si ritrova nelle case moderne per lo più qualità i soprammobile. I centri della Barbagia (Aritzo, Desulo, Tonara, Nuoro, Ottana, Isili, Orani) sono quelli che maggiormente continuano a ripetere quasi intatti i motivi tradizionali e simbolici; tuttavia, arredi e legni intagliati si producono per antica tradizione locale anche a Santulussurgiu, Buddusò, Sassari, Cagliari e Quartu Sant'Elena e qualche artigiano che prosegue antiche abilità di mestiere si può trovare in quasi tutti i paesi della Sardegna. Altre tipiche espressioni artistiche sono le pesanti maschere tradizionali carnevalesche portate dai Mamuthones di Mamoiada e dai Merdules di Ottana, legate a un rito antichissimo praticato per scacciare gli spiriti maligni. MATERIE E TECNICHE I tipi di legno principalmente usati sono il castagno, abbondante nei boschi della Barbagia, il noce e il ginepro. La tecnica quella dell'intaglio. ELEMENTI DECORATIVI Le decorazioni sono in genere semplici e lineari, con motivi astratti di tipo geometrico oppure ispirati alla natura (floreali e faunistici). COLORI Il legno era di solito lasciato al naturale ma talvolta le parti decorate venivano dipinte con colori ottenuti da sostanze vegetali. LA CASSAPANCA La cassapanca, sempre apribile dall'alto e sollevata dal suolo mediante supporti, serviva per riporvi un po' di tutto: biancheria, indumenti, coperte, oggetti preziosi, e racchiudeva tutta la ricchezza della famiglia. Ne esistono di due tipi: quella di Aritzo, o barbaricina, e quella allungata e piuttosto bassa di Santulussurgiu, con forti modanature di base e appoggi a foggia di zampe di leone, con evidente influenza di stili continentali. Soltanto il pannello centrale decorato con motivi geometrici e floreali, integrati da simboli come il sole, la clessidra e uccelli stilizzati, mentre le altre facce sono lisce. Originariamente il legno era lasciato al naturale o dipinto in rosso con il sangue dell'agnello o in turchino o verdolino con essenze vegetali. In tempi più recenti si è presa l'abitudine di ridipingerla in nero, per portare via il fumo che l'anneriva e restituirle un aspetto decente. Tra le cassapanche tradizionali ve ne sono alcune molto ricche e sofisticate, sia per quanto riguarda la stilizzazione dei motivi (specie quelli geometrici e floreali che si ritrovano a livelli di apprezzata eccellenza) sia nell'intaglio e sia nella colorazione. LE SEDIE Nel Campidano le sedie, basse ed in legno chiaro, erano decorate con fiori di melograno (rosso e verde) e con il fondo impagliato, come quelle ancora oggi prodotte ad Assemini, eleganti e funzionali. Nei centri di montagna, sedie e seggioloni avevano gli stessi motivi decorativi della cassapanca ed erano in uso anche bassi sgabelli realizzati in tronchi di ferula. Di derivazione catalana sono invece le sedie con lo schienale intagliato e scolpito laccato in oro associato al rosso, al verde o al blu.


Intreccio
Attualmente il settore è rappresentato quasi esclusivamente dalla cestineria, anche se esistono ancora alcuni artigiani che realizzano stuoie e steccati. Questa attività era svolta prevalentemente a livello familiare per realizzare tutta una gamma di contenitori, ciascuno differente per forma e dimensione a seconda dell'uso a cui era destinato. MANUFATTI TIPICI I cestini tipici si possono dividere in due gruppi: i primi, rustici e da lavoro, erano realizzati dagli uomini (soprattutto contadini e pastori) e venivano utilizzati per le attività di raccolta e pesca; gli altri, fabbricati prevalentemente dalle donne, erano utilizzati in ambito domestico. Questi ultimi venivano arricchiti con decorazioni legate al desiderio della donna sarda di realizzare un oggetto utile e capace, nel contempo, di dare vita e colore alla propria casa. Oggigiorno, perduto il loro carattere funzionale, questi manufatti vengono ormai utilizzati con finalità quasi esclusivamente decorativa e, adeguati alle esigenze dell'arredamento moderno, sono oggi molto richiesti sul mercato. MATERIE E TECNICHE Le materie prime adoperate cambiano a seconda della zona, poiché vengono raccolte nelle campagne o negli stagni circostanti: si tratta di fibre di giunco, palma nana, asfodelo, canne, salice, mirto, lentischio, paglia e fieno. A Castelsardo vengono usate la rafia, il giunco e la palma nana; a Tinnura, Flussio, Montresta e Ollolai, l'asfodelo; a San Vero Milis e ad Ottana, il giunco e le erbe palustri in genere; a Sinnai la paglia e il giunco. E' invece diffuso in tutte le zone della Sardegna il cesto in vimini ricavato dal salice, dall'olivastro, dal lentischio e dalla canna. Questi cesti, solitamente dotati di manico, hanno un utilizzo vastissimo. Le tecniche utilizzate sono varie (a spirale, a graticcio, etc.). ELEMENTI DECORATIVI Predominano i motivi geometrici (scacchiera, cerchi concentrici, raggiera di triangoli), ma non mancano quelli floreali e faunistici (uccello, pavone, cavallo). La decorazione, sviluppata in contemporanea alla costruzione del cestino oppure aggiunta in un secondo momento, si ottiene con strisce di tonalità diversa dal fondo: nera o colorata a Castelsardo e San Vero Milis; con cotone rosso e nero a Sinnai. I COLORI Originariamente i colori erano limitati alle varianti cromatiche naturali della materia prima, eccetto che nelle produzioni del Campidano; queste mostrano toni differenti dovuti all'aggiunta di un disco di stoffa o di broccato dai colori sgargianti, che viene applicato sul fondo del cestino. Fin dagli anni '50 però venne introdotta una più vasta gamma di colori, per meglio rispondere alle esigenze del gusto moderno. LA CESTINERIA DI SINNAI
La cestineria di Sinnai, più antica ancora di quella di Castelsardo che è forse la più conosciuta, è citata già nell'ottocento da Alberto Della Marmora, che avvicina i cestini di Sinnai a quelli rinvenuti nelle tombe egiziane, evidenziando ancora una volta il carattere fortemente funzionale di questi manufatti, seppure accompagnato da un moderato decorativismo. A Sinnai, e nel Campidano in genere, l'uso principale dei cestini era connesso con la lavorazione casalinga della farina e del pane, dato che l'attività economica prevalente di questa zona era quella agricola. Le materie prime utilizzate sono il giunco e la paglia di grano raccolta dopo la mietitura. La forma più tipica è quella a campana rovesciata. La lavorazione tradizionale si compie avvolgendo della paglia con andamento a spirale su un piccolo fascio di giunchi o di paglia e unendo poi la treccia ottenuta con punti d'ago. Tipica di questo paese è la decorazione con panno scarlatto. Con profondissimo senso della tradizione, le donne di Sinnai adottano anche la paglia di colore naturale per realizzare il bordo, creando una decorazione finissima dovuta soltanto ad una delicata variazione di luce.


IL FILET DI BOSA
Il filet di Bosa, noto in passato nell'isola col nome sardo di: sa randa osinca, è un ricamo che si realizza su una base costruita dalla rete a modano. La conoscenza e l'uso di questo manufatto è attestata in loco fin dalla metà del secolo XIV; infatti  a quella data risalirebbero gli affreschi presenti nella chiesetta del castello della città in cui esso e iconograficamente riprodotto. È comunque certo che Bosa fin da tempi passati, fosse punto di riferimento per la produzione dei manufatti in filet. A Bosa, si ricamava con la tecnica a filet, o più precisamente col nome in sardo Lauru, sia su base di rete realizzata a buratto, che su quella realizzata a modano. Per realizzare la rete si usano l'ago (s'agu), il modano (s'ispola) e la forma (su ferrittu); l'ago e il modano possono essere usati indifferentemente per guidare il filo durante l'intreccio; la forma è una bacchetta cilindrica in ferro (in passato anche in osso o legno) appuntita alle estremità, lunga circa 20 cm. E il cui spessore serve a determinare l'esatta dimensione delle maglie della rete.
Una volta realizzata la rete si procede per il suo ricamo (su lauru)…
Essenziale per il ricamo è il telaio, su telalzu, su cui si tende la rete da ricamare. È formato da quattro assi in legno. Ha forma rettangolare, con tre lati fissi e uno mobile . Il telaio può essere di diverse dimensioni che vanno da pochi centimetri fino a un paio di metri. La rete viene fissata al telaio con un filo resistente ma non grosso facendolo passare alternativamente in ogni quattro quadratini della rete ed intorno all'asse del telaio. L'operazione con cui si tende la rete sul telaio viene detta nella perlata bosana , intelaldzadura.
Il filet bosano e un manufatto che generalmente su esegue su disegno "a isterrimentu" e l'artigiana a seconda dei moduli principali (mustras) e moduli laterali (grecas), che ha intenzione di rappresentare, riprodurrà le guarnizioni (frunimentos) con cui riempirà gli spazi lasciati liberi dai moduli, personalizzando il lavoro secondo il proprio gusto.
Benché la tecnica di esecuzione dei manufatti sia affine a quella usata presso altre realtà del bacino Mediterraneo, quelli realizzati dalle donne bosane, grazie all'uso di moduli particolari e alle presenza di punti tradizionalmente antichi, denotano immediatamente, ad un occhio esperto, la loro provenienza.
I punti che particolarmente identificano la lavorazione bosana sono: bancu pienu, gandzu, farranca, trapadigliu, inghiriadura, piccadura, essi anno la caratteristica di arricchire i moduli figurativi impiegati senza appesantire il lavoro.
Bibliografia di riferimento: C. Bellini , il filet lavoro e tradizione delle donne a Bosa,
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